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CONFESSIONI

Il 1° maggio 1831 passai il Reno. L'antico dio-fiume, il padre Reno, non lo vidi e mi limitai a gettargli in acqua il mio biglietto da visita. Sedeva sul fondo, come mi si riferì, intento a studiare nuovamente la grammatica francese del Meidinger, poichè durante il dominio prussiano era regredito considerevolmente in francese e ora voleva riprendere a esercitarsi per ogni eventualità. Credo d'averlo sentito coniugare laggiù: j'aime, tu aimes, il aime, nous aimons. Ma lui cosa ama? Sicuramente non i prussiani. Il duomo di Strasburgo lo vidi solo in lontananza, dondolava con la testa come il vecchio e fedele Eckart quando avvista un giovanotto avvicinarsi al monte di Venere.

A Saint Denis mi svegliai da un dolce sonno mattutino e udii per la prima volta il grido del cocchiere: Paris! Paris! e insieme anche il campanello dei venditori di cocco. Qui si respira già l'aria della capitale, visibile all'orizzone. Un vecchio mascalzone d'un servo voleva persuadermi a visitare le tombe dei re, ma non ero venuto in Francia per vedere re morti e mi limitai a farmi narrare da quel cicerone la leggenda del luovo, ovvero di come il cattivo re dei pagani fece tagliare la testa al santo Denis, e questi con la testa in mano camminò da Parigi a Saint Denis per essere sotterrato qui e dare il proprio nome alla località. A pensare alla distanza, disse il mio narratore, ci sarebbe da stupirsi del miracolo che un uomo possa essere andato tanto lontano senza testa; ma con un sorriso particolare aggiunse: dans des cas pareils, il n'y a que le premier pas qui coute. Il tutto valeva due franchi che gli diedi pour l'amour de Voltaire. Dopo venti minuti ero a Parigi, e vi entrai per la porta del trionfo sul boulevard Saint Denis, originariamente fatta erigere in onore di Ludovico XIV, ma che allora servì a glorificare la mia entrata a Parigi.

(Heinrich Heine - Confessioni - Trad. Alberto Destro)